Scambiamo due chiacchiere con la stilista Francesca Liberatore che ci anticipa quello che vedremo in passerella per la sua sfilata evento, domenica 27 febbraio
Francesca Liberatore è una designer indipendente che fa, della moda, la sua peculiare fonte di creatività. Peculiare, appunto, perché forte è anche l’influenza delle arti figurative grazie all’eredità del padre Bruno, scultore di fama internazionale. Le sue collezioni, dopotutto, sono opere d’arte in continuo movimento e mutamento e per questo ben definibili. A Francesca, oltre a una piccola anticipazione di quello che vedremo in passerella durante la Milano Fashion Week, abbiamo domandato lo stato di salute del sistema moda italiano e, abbiamo chiesto il suo parere su parole chiave e che racchiudono l’attuale circolarità della moda mondiale: fluidità e sostenibilità.
L’intervista
La Milano Fashion Week è alle porte, cosa puoi anticiparci della collezione autunno/inverno 2022-23?
Una stagione molto difficile, emotivamente e logisticamente, che ha fatto venir fuori un’esplosione di inputs, tecniche, immagini relazionate ma diverse a sottolineare la molteplicità degli aspetti cosi come le possibilità di scelte aperte. La novità assoluta è la maglieria che per la prima volta lancio in maniera importante in una collezione, non a complemento ma protagonista.
Secondo te, la pandemia ha cambiato le regole del gioco all’interno del sistema moda italiano?
Probabilmente si ma il “gioco forza” di chi sente il suo ruolo a rischio sta mettendo a dura prova la vera creatività; ancora una volta l’autonomia del credere nelle proprie idee dovrà fare maggior fronte alle logiche monetarie in primis ma creatività è anche agilità e innovazione: quindi rimango positiva.
E i gusti del consumatore finale?
Questi sono in continua modifica. Probabilmente, ora il cliente sceglie con più autonomia, non lasciandosi influenzare dalla disgregazione portata dalla contingenza. Chi potrà, penso, tornerà a scegliere cose per lui belle e non dettate.
Cosa ti ha insegnato questo biennio (nero) pandemico?
Forza e resistenza sono cose che la vita ci insegna ogni giorno ma affrontarle su tutti i campi, con la solitudine sociale, ha sicuramente impattato.
Fluidità e sostenibilità: a che punto siamo?
È ormai consuetudine descrivere le collezioni con i termini fluidità e sostenibilità: c’è forse un abuso oppure la moda sta prendendo quella direzione?
Sono anni che la moda ha preso direzioni spudoratamente economiche con logiche marketing discutibili per l’intera crescita delle nuove generazioni, e a lungo termine dell’intero settore, lanciando i valori come richiami di consumo e falsi miti. Comprendo l’andamento ma me ne distacco, rispetto indiscusso dovrebbe essere la parola d’ordine come etico, ambientale, umano, delle differenze.
Ma la moda, di fatto, potrebbe mai essere sostenibile?
Come dicevamo prima l’idea di sostenibilità è talmente abusata, vaga e diffusa che ormai non proporla ti rende un anarchico! Ho seri dubbi sulla sostenibilità effettiva di un sistema ottenebrato dai numeri in ascesa, espansioni vorticose e recupero del maggior numero di clientela a cui l’unicità della moda, come espressione dell’identità del singolo, è elitaria. Per questo, non ha mai ambito. Non c’è un sistema che non abbia le sue pecche e questo non fa eccezione, proprio per l’ampiezza conferita ormai al termine.
Tutte le foto sono state scattate dal fotografo Daniele Notaro.