Due donne, una sola Guerra Fredda della Bellezza. Lucrezia Borgia e Isabella d’Este a confronto
Quando una donna di potere incontra sul proprio percorso una donna di fascino state quasi certi che iniziano a spirare venti di guerra, ovvero: la Guerra Fredda della Bellezza.
La terza ed ultima parte della “Guerra Fredda della Bellezza” ha una precisa data d’inizio: il 26 agosto 1501. Quel giorno Papa Alessandro VI Borgia ed Ercole d’Este Duca di Ferrara stipulano il contratto di nozze fra i propri figli, Alfonso e Lucrezia.
La “news” si diffonde con una velocità sorprendente in tutte le corti italiane, sollevando una marea di pettegolezzi. D’altronde se oggi il divorzio fra un calciatore e una showgirl è considerata una notizia degna dei telegiornali figuratevi cosa poteva essere al tempo il matrimonio fra la figlia illegittima del Papa e l’erede della più prestigiosa casata europea.
All’inizio gli Este pongono delle resistenze a questa unione ma i Borgia sono al massimo del potere e negare il consenso mette a rischio l’investitura sul Ducato di Ferrara. Piccola precisazione: il titolo ducale di Ferrara viene conferito agli Este nel 1471 da Papa Paolo II, poiché Ferrara è sottoposta all’autorità dello Stato Pontificio.
Opporsi all’amore?
Papa Alessandro VI ha maneggiato in modo da donare i territori romagnoli e marchigiani al figlio Cesare, già Luogotenente del Re di Francia, creandolo nel maggio 1501 Duca di Romagna.
Pertanto gli Este si ritrovano con un ingombrante “vicino di casa”, molto spregiudicato, pronto a tutto per il potere e, come se non bastasse, figlio del Pontefice.
Con queste premesse il “matrimonio s’ha da fare”, portando l’onta di avere una futura duchessa molto chiacchierata con alle spalle due matrimoni finiti malissimo e la fama di essere “figlia, moglie e nuora” del Papa (qui trovate il racconto).
Ma c’è chi l’onta non ha intenzione di portarla, e non fa nulla per celare disprezzo e disappunto: Isabella d’Este.
La ventisettenne Isabella è sposata con Francesco Gonzaga, e dal 1490 è Marchesa di Mantova. Fierissima delle sue origini estensi, con un carattere fra l’adamantino e il machiavellico, ha fatto della corte mantovana un esempio di eleganza e raffinatezza.
Il mecenatismo: il prestigio della casata
La giovane Marchesa è legata all’idea che il prestigio politico di una casata dipende soprattutto dalle ricchezze e dal mecenatismo, per cui chiama a Mantova i migliori artisti, fra cui Lorenzo Costa, Giovanni Bellini, il Perugino e Leonardo da Vinci.
Prima donna al mondo ad allestire un proprio “studiolo” (una serie di ambienti dove collocare i pezzi più pregiati delle raccolte d’arte), la sua influenza sull’arte e la cultura porta i letterati a descriverla come “la prima donna del Rinascimento”.
Dopo la morte della madre e della prima moglie del fratello Alfonso è la “donna più anziana” di Casa d’Este: un ruolo istituzionale che le permette di soggiornare spesso a Ferrara per presenziare agli eventi della corte.
Per contro Lucrezia è cresciuta in una famiglia di arrivisti dediti all’accumulo compulsivo del potere. Usata per anni come pedina politica, intuisce subito che il matrimonio con Alfonso è l’unica strada percorribile per sganciarsi dallo strapotere del padre e del fratello.
A ventun anni è la donna più chiacchierata della Penisola: alle sue spalle voci su relazioni incestuose, sull’assassinio del secondo marito, sulla nascita di un misterioso bambino e sull’uso della cantarella – una variante dell’arsenico sciolta nei cibi e nelle bevande durante i banchetti – per disfarsi dei nemici.
In realtà Lucrezia è una donna di grandissima intelligenza. Ha imparato che sfidare gli uomini non porta a nulla, meglio assecondarli, fingendosi docile, e raggiungere i propri obiettivi con le armi dell’intelletto e del fascino.
Suo padre Papa Alessandro VI, che stravede per lei, è ben cosciente dell’intelligenza della figlia e lo dimostra ufficialmente durante le lunghe e complesse trattative matrimoniali con gli Este. Obbligato ad un viaggio nelle terre dello Stato romano, incarica Lucrezia del governo in veste di vicaria pontificia. Affidare alle donne di famiglia la reggenza dello stato, grande o piccolo è prassi abbastanza diffusa fra le famiglie principesche europee. Nella Chiesa non è mai accaduto e la brevissima reggenza di Lucrezia resta un evento unico nella storia.
Lucrezia conquista la città di Ferrara
Il 2 febbraio del 1502, giorno della purificazione della Beata Vergine, Lucrezia entra solennemente a Ferrara, accompagnata da una spettacolare parata di dame e cavalieri. È radiosa nel suo abito di seta rossa ricamato in oro e foderato di ermellino, al collo porta una collana di diamanti e rubini, gli splendidi boccoli biondi sono valorizzati da una cuffia di perle. A chiudere il corteo la ricchissima dote caricata sul dorso di 72 mule bardate con broccati e finimenti d’argento.
Nei due giorni precedenti, mentre attraversa le terre bolognesi, Lucrezia ha incontrato ufficialmente il marito, il suocero e la cognata. Se Alfonso ed Ercole sono rimasti piacevolmente colpiti dal carattere gioioso e dalla bellezza della ragazza, Isabella vede solo una donna più giovane e bella di lei, una terribile rivale che con i suoi modi affabili e il suo sorriso avrebbe conquistato tutta Ferrara, levandole quel ruolo di “prima donna” che ritiene suo per nascita e diritto.
A nulla sono valse le lettere cortesi che Lucrezia ha scritto a Isabella prima del matrimonio, tutte sdegnosamente ignorate.
Passati i festeggiamenti e la prima notte di nozze, consumata per ben tre volte e con grande soddisfazione (come diligentemente ci riportano i cortigiani), la vita di corte riprende il suo tran tran quotidiano.
Lucrezia e Isabella: è scontro tra le prime donne di Ferrara
Lucrezia cerca di adattarsi al nuovo ambiente, così diverso da quello pontificio. Ferrara è un raffinato centro di cultura, uno dei poli del rinascimento italiano, ma lontana dagli sfarzi, dalle cerimonie e dagli intrighi quasi bizantini della Roma dei Borgia.
Innanzitutto si lamenta con il suocero per l’appannaggio di 10 mila ducati annui, pari a circa 4 milioni di euro: lo considera misero rispetto all’enorme dote che ha portato nelle casse degli Este.
In più resta fedele alla tradizione dei Borgia di legarsi solo a persone in cui può riporre cieca fiducia, e trasforma il seguito romano e spagnolo in una piccola corte a sé. Fredda e distaccata con la nobiltà ferrarese, si dimostra invece molto affabile con il popolo, dispensando sorrisi e cortesie.
Nel frattempo Isabella, reduce dall’obbligo sgraditissimo ma eseguito con perfetta maestria di organizzare i festeggiamenti per l’arrivo di Lucrezia, scrive al marito lettere che trasudano ostilità nei confronti della cognata. Del resto il paragone fra le due donne è impietoso. Se Isabella è donna di grande cultura, eleganza e finezza, è altrettanto vero che la bellezza non le appartiene: bassa, rotondetta, con gli occhi grandi, non vuole essere ritratta se non in dipinti idealizzati.
Prima di tornare a Mantova mette alle costole della cognata alcune spie per conoscere le sue scelte di stile e tutti i suoi movimenti.
Lucrezia è più giovane, più bella e soprattutto è radiosa. Presto abbandona l’eleganza romana un po’ eccessiva in favore delle nuove raffinatezze che arrivano da Venezia. Il poeta Ercole Strozzi, suo grande amico e confidente, le parla della regalità delle stoffe veneziane, che lei inizia ad acquistare a man bassa, insieme a pizzi, profumi e belletti.
In breve crea uno stile personale, fatto di lusso e di una eccentricità sapientemente dosata. Alta e con un portamento quasi regale, gli abiti ne esaltano la figura e il candido incarnato, lasciandola però leggiadra nei movimenti. Del resto se cresci alla corte dei Papi impari a muoverti con solenne lievità prima ancora di saper camminare.
Nel frattempo i Borgia, grazie alle conquiste militari di Cesare, sono all’apogeo della potenza. Di riflesso la considerazione del suocero verso Lucrezia cresce, un po’ per amore e un po’ per timore, tanto che decide di aumentarle l’appannaggio.
Dal momento che Ercole è vedovo lei inizia ad essere chiamata “la Duchessa”, occupando un posto di rilievo nelle celebrazioni pubbliche.
Isabella sempre più irata
Isabella si trova a dovere ingoiare altri due smacchi. Il primo è il titolo, Lucrezia è “Duchessa” mentre lei è “Marchesa”, cioè un gradino sotto. Il secondo è che la sua presenza a Ferrara non solo non è più necessaria ma neppure tanto richiesta.
Lucrezia, decisa a dare il suo contributo alla corte estense, non insegue la cognata Isabella cercando di accaparrarsi grandi artisti, ma sceglie la via dei letterati e dei poeti.
Chiama a Ferrara le “super star” dell’epoca: Ludovico Ariosto, Ercole Strozzi e Pietro Bembo. La città si ritrova al centro di un vivace rinnovamento culturale. Oltre ai letterati arrivano musicisti, cantori, scultori e pittori, che si adoperano per fare della capitale e della corte un modello rinascimentale di bellezza e perfezione.
In breve Lucrezia riesce a far dimenticare le maldicenze; se per il popolo romano è “colei che porta il gonfalone delle puttane” per quello ferrarese è una giovane donna che si dedica a finanziare conventi e opere di bene.
Il 18 agosto 1503 Papa Alessandro VI muore dopo una cena a casa del cardinale Castellesi, forse per malaria o forse avvelenato per sbaglio dal figlio Cesare, che puntava a far fuori il cardinale.
Lucrezia: dopo il successo, l’isolamento
Lucrezia si chiude in un lutto stretto, a cui nessun membro della famiglia Estense si associa. I soli a starle accanto sono Ercole Strozzi e Pietro Bembo. Quest’ultimo le scrive di non mostrarsi disperata, per non fare nascere voci che la sua tristezza dipenda dal timore di un ripudio da parte del marito. Infatti Lucrezia, per quanto benvoluta dai ferraresi e dal suocero Ercole d’Este, non è ancora riuscita a dare un erede ad Alfonso e la morte di suo padre Alessandro VI la mette in una situazione complicata.
A rendere ancora più delicato il quadro ci si mette la passione che Pietro Bembo dimostra verso Lucrezia, un sentimento che lei apprezza e ricambia. Si scambiano lettere e versi ed il poeta le dedicata l’opera “Gli Asolani”, un dialogo sull’amore cortigiano. Forse fu solo una relazione platonica, o forse si spinsero oltre, nessuno può dirlo.
Nel 1505, ufficialmente a causa della peste, Pietro Bembo lascia per sempre Ferrara, portandosi come ricordo una ciocca dei capelli di Lucrezia.
Dietro l’improvvisa partenza c’è lo zampino di Isabella, che aveva fatto ponti d’oro al Bembo per averlo a Mantova ed intuito i veri motivi della reticenza del letterato, anche grazie alle sue spie, ha avvisato il fratello Alfonso della tresca.
Lucrezia non dimentica, dura vendetta
La vendetta è un piatto che va servito freddo e Lucrezia ha imparato alla perfezione l’arte dell’attesa.
Il 1505 vede tre eventi di grande rilievo: la morte di Ercole d’Este, l’ascesa al trono ducale di Alfonso e Lucrezia e la caduta di Cesare Borgia.
Il nuovo Papa Giulio II della Rovere, ricordato come il “Papa guerriero”, odia profondamente la famiglia Borgia, e fra i primi atti toglie il governo della Romagna a Cesare e ne ordina l’arresto immediato.
Lucrezia si sente vacillare la terra sotto ai piedi. La morte del primogenito Alessandro, avvenuta un mese dopo la sua nascita, rischia di lasciarla esposta agli umori degli Este e del nuovo pontefice.
Un aiuto inaspettato arriva da Francesco Gonzaga, marito di Isabella, che mosso da “compassione” decide di consolarla: Francesco è un inguaribile dongiovanni e Lucrezia è all’apice della bellezza.
Invitata in forma ufficiale a visitare Mantova, Lucrezia accetta volentieri la proposta di Francesco di fermarsi un paio di notti nel castello di Borgoforte.
Successivamente i due cognati raggiungo Isabella a Mantova, dove Lucrezia è costretta dalla cognata a una visita generale di tutte le opere d’arte e delle ricchezze dei Gonzaga: in sostanza una plateale dimostrazione di superiorità.
Proprio mentre sta gongolando dalla gioia Isabella inciampa negli sguardi tra Lucrezia e Francesco e intuisce che qualcosa è successo. Se i due abbiano commesso adulterio non è dato saperlo, ma di certo Lucrezia non fa nulla per far credere il contrario: Isabella passa in un attimo dal gongolare al sentirsi trombata (metaforicamente parlando).
Per tre anni Lucrezia e Francesco si scambiano una fitta corrispondenza in grande segreto, usando come intermediario Ercole Strozzi, uomo di fiducia di Lucrezia: ma le spie di Isabella sono ovunque e alla fine qualcosa salta fuori. Nell’estate del 1508 il corpo di Ercole Strozzi viene ritrovato a Ferrara crivellato da ventidue pugnalate.
Le circostanze della morte non sono mai state chiarite, ma pare che Alfonso d’Este abbia saputo della tresca da una “fonte anonima femminile” e non abbia gradito.
Nell’aprile del 1507 Lucrezia si chiude per alcuni giorni in lutto stretto dopo aver appreso della morte del fratello Cesare. Come già per la scomparsa del padre nessuno della famiglie Este si unisce al lutto, e solo Francesco Gonzaga si dimostra dispiaciuto.
L’anno successivo, dopo alcuni aborti, Lucrezia dà alla luce il sospirato erede Ercole II d’Este. Calmate le acque lei e Francesco riprendono a scriversi, usando come tramite Lorenzo Strozzi, fratello del defunto. Sinceramente affezionata al cognato, forse anche innamorata, gli sarà sempre vicina sino a quando lui non morirà di sifilide nel marzo del 1519.
Fra il 1508 ed al 1512 Papa Giulio II prima dichiara guerra a Venezia e poi, ribaltando le alleanze, alla Francia. Alfonso d’Este si ritrova nel mezzo della mischia e, fra una battaglia e l’altra, lascia il governo del ducato nelle mani di Lucrezia, che riesce a destreggiarsi con saggezza ed acume politico; del resto è pur sempre la figlia del Papa Borgia, e certe lezioni non si dimenticano mai.
Una nuova Lucrezia
Alla fine dei quattro anni di guerre Lucrezia è cambiata profondamente. Inizia a portare il cilicio, spinta da un profondo bisogno di spiritualità. Le ripetute gravidanze e i numerosi aborti l’hanno indebolita, non alterandone però la bellezza.
Sceglie di aggregarsi all’ordine francescano secolare, a cui fa aderire anche Francesco Gonzaga.
La primavera del 1519 è per lei molto difficile: di nuovo incinta e indebolita passa tutte le giornate a letto. Il 14 giugno partorisce una bambina, Isabella Maria, firma il testamento di fronte al marito e prima di cadere in coma dice: “Sono di Dio per sempre”.
Muore il 24 giugno 1519, a trentanove anni, lasciando Alfonso d’Este e tutta Ferrara in un profondo lutto.
La sua antagonista Isabella, ormai vedova, continua a reggere le sorti di Mantova sino alla maggiore età dell’erede Federico, giocando un ruolo importante nella politica italiana e rafforzando il prestigio dello stato mantovano fino a quando il figlio, stanco delle sue ingerenze, la estromette relegandola a Palazzo Ducale dove muove nel 1539, vent’anni dopo Lucrezia.
Lucrezia e Isabella furono due donne che segnarono profondamente la storia del rinascimento italiano. Diversissime fra loro, ma accumunate da carisma, acume e intelligenza, seppero destreggiarsi in un mondo al maschile, dove l’unico ruolo della donna era quello di essere prima una figlia e poi una moglie devota e silenziosa.
Con loro si chiude idealmente questa “Guerra Fredda della Bellezza”, il periodo più splendido della storia italiana.
La Penisola, ormai alla mercé di Spagna, Francia e Impero, non riuscirà mai più a produrre un evento d’impatto universale quale fu il Rinascimento. Le corti italiane, insieme alla loro autonomia persero l’arte del scintillare in un perfetto equilibrio fra bellezza, arte e innovazione.
Ma il Cinquecento italiano ha in serbo ancora una sovrana eccezionale, destinata a segnare la storia europea: Caterina de’ Medici, la banchiera, Regina di Francia.
La prima e la seconda parte de La Guerra Fredda della bellezza