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Cosa vedere a Brescia

Cosa vedere a Brescia. Brescia a modo mio

Una città dai mille volti, alcuni di questi, segreti. Alla scoperta di Brescia, la Brixia Romana

Venerdì 20 gennaio è iniziata l’avventura di Brescia e Bergamo – Capitale della Cultura Italiana 2023. 

Due città storicamente rivali fra loro, nel senso buono del termine, unite per promuovere le proprie peculiarità culturali in una serie di mostre ed eventi congiunti. 

Storia, arte, artisti e cultura ma non solo: tradizioni culinarie, colline, valli e laghi ricchi di fascino faranno da ponte ideale e fisico fra queste due città. 

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Brescia vista dal colle del Castello.

Brescia apre con una mostra a Palazzo Martinengo dedicata a quattro grandissimi artisti: Lorenzo Lotto, il Romanino, il Moretto e Giacomo Ceruti. 

Non mi dilungherò sulla rassegna degli eventi che potete consultare sul portale www.bergamobrescia2023.it

Preferisco accompagnarvi alla scoperta di Brescia per il semplice motivo che qui sono nato e ci vivo da cinquant’anni. 

Non me ne voglia Bergamo: la sua città alta, stretta fra le mura venete, è meravigliosa, ma la conosco da turista. Brescia invece la conosco nell’animo, con il suo bagaglio di pregi e difetti. 

Essere co-capitale della cultura italiana è una vera sfida per la mia città, nota essenzialmente come la “Capitale Italiana del Tondino”. 

La storia di Brescia dalla seconda metà dell’Ottocento a oggi è scritta dalle industrie siderurgiche: il ferro e l’acciaio l’hanno resa famosa e apprezzata in tutto il mondo.   

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Il colle del Castello e il centro storico.

I bresciani sono operosi, instancabili, riservati e un po’ introversi, gente abituata a forgiare, produrre e costruire benessere senza lamentarsi. L’anima stessa della città è intrisa di quella filosofia che si può riassumere nell’adagio: 

“Se gh’è de nà, gh’è de nà!” (Se c’è da andare, c’è da andare) 

Ovvero: “se c’è da fare muoviti e non perdere tempo”.

Poiché siamo riservati non esibiamo quasi mai né ricchezza né cultura. Se della prima il buongusto esige che non se ne parli della seconda c’è parecchio da dire.

Brescia è una città che trabocca di arte e storia, ma come ogni ragazza perbene non ne trasuda ma ne traspira solo leggermente: nulla va ostentato, sarebbe da sfacciati, motivo per cui si tiene tutto dentro. 

Una “way of life” ha promosso l’idea di una città dedita quasi esclusivamente al lavoro, poco interessata agli aspetti culturali e turistici. 

Bisogna ammettere che in passato alcune amministrazioni non hanno brillato nel binomio cultura-turismo, d’altra parte il “motore” della città sono gli affari, e si è finiti per privilegiare un aspetto a scapito dell’altro. 

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La salita verso il Castello da Piazza Tito Speri.

La stretta vicinanza al Lago di Garda e al Lago d’Iseo ha favorito negli anni un turismo “mordi e fuggi” fatto di stranieri che arrivano in giornata, visitano qualche mostra o qualche museo e poi tornano ai loro hotel o resort lacustri. 

Per altro l’offerta cittadina nel settore dell’hôtellière è orientata essenzialmente verso gli uomini d’affari, con strutture ricettive pensate soprattutto per le loro necessità. 

Qualcosa è stato fatto per invogliare il turismo ma è inadeguato ad incentivare un’offerta di respiro internazionale.   

La crisi degli ultimi anni, seguita dalla pandemia, si è poi abbattuta come una scure sulle botteghe e sulle trattorie tipiche del centro storico, con il risultato che molte hanno abbassato per sempre le serrande. Al loro posto sono comparsi negozi etnici, fast-food e kebab, che sono molto variegati e in alcuni casi di ottima qualità, ma ben poco ci azzeccano con le tradizioni bresciane. 

Oggi gli indirizzi dove gustare i piatti tipici della cucina bresciana sono pochi ma eccellenti: fra i miei preferiti L’Antico Beccaria, l’Osteria al Bianchi, il Caffè Floriam e la Trattoria Gasparo.

Se vi pare il ritratto di una città operosa ma tutto sommato anonima è perché vi manca il contraltare della storia e dell’arte: qui si spalanca un mondo antico e raffinatissimo. 

Non lo dico da bresciano ma da persona che ha girato il mondo in lungo e in largo: Brescia è una perla bellissima. 

Consultate pure le guide turistiche ma poi riponetele in borsa e prendetevi il tempo per girare fra i vicoli e le piazze senza una meta prefissata: lasciate che a guidarvi sia la curiosità.

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Via Cesare Beccaria e la Torre del Broletto.

Brescia odora di acciaio ma profuma anche dell’area archeologica romana più vasta del nord Italia: un unicum fra Tempio Capitolino, Teatro, Ninfeo e Foro.

A due passi dal Capitolino le millenarie mura del Museo di Santa Giulia custodiscono i tesori romani e longobardi. 

Museo di Santa Giulia

Respiriamo ahimè un’aria un po’ inquinata ma tiriamo una boccata d’ossigeno quando varchiamo l’ingresso della Pinacoteca Tosio Martinengo: fra i velluti e gli affreschi dei suoi saloni brillano “l’Angelo” e il “Redentore” di Raffaello. 

Pinacoteca Tosio Martinengo

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Il Tempio Capitolino e l’area archeologica romana.

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La Croce di Desiderio e Santa Maria in Solario – Complesso dei Musei di Santa Giulia.

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La Pinacoteca Tosio-Martinengo.

Brescia cerca la modernità e allo stesso tempo la teme: lo testimonia Piazza della Vittoria – progettata dall’architetto Marcello Piacentini e terminata nel 1932. 

Nata dalla demolizione di un caratteristico ma fatiscente quartiere medievale, a distanza di novant’anni questo spazio, che è un trionfo del Razionalismo e ospita il primo grattacielo realizzato in Italia, divide ancora l’opinione pubblica cittadina. C’è chi ne ammira le linee architettoniche e chi vorrebbe abbatterla quale simbolo del Ventennio fascista.

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Piazza della Vittoria, 1927-1932.

Un eco dell’essenza bresciana si trova nei vicoli del Carmine, l’antico quartiere popolare sorto fra il Medioevo e il Rinascimento, che alterna palazzi nobiliari a caseggiati alti e stretti, un tempo attraversati da canali oggi interrati. 

Era famoso come luogo di perdizione, dove signorine di indefinita età, sedute fuori dall’uscio, offrivano riservatissimi piaceri a benestanti e distinti padri di famiglia.  

Dopo un lungo oblio, che l’ha visto trasformarsi in una sorta di kasbah, da alcuni anni è iniziata una costante opera di risanamento e valorizzazione.    

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L’incrocio fra Vicolo delle Due Torri e Via delle Battaglie.

Brescia è ambivalente, è popolare e schietta, aristocratica e un poco snob, curiosa ma guardinga verso i forestieri. È una città che non si apre subito: prima vi osserva mentre passeggiate fra le stradine, vi studia e vi soppesa, indecisa se darvi fiducia. 

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Vicolo delle Cossere

Se avrete la pazienza di attendere scoprirete la vera natura celata dietro la scorza ruvida. Una città bonaria, ironica e un po’ beffarda, abituata a non lasciarsi domare né dominare. Esattamente come i sardonici mascheroni che animano una delle facciate della corte del Broletto, sede dell’amministrazione cittadina dalla fine del Dodicesimo secolo. 

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Il cortile del Palazzo del Broletto

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Per tre secoli e mezzo ci siamo professati fedeli alla Serenissima (1428-1797) perché era meglio essere governati da una repubblica oligarchica piuttosto che da qualche sovrano straniero. 

Del resto Venezia teneva molto a questa terra posta fra monti, valli e campagne, ricchissima del ferro necessario a difendere i suoi confini e del marmo indispensabile a costruire i palazzi sul Canal Grande (a pochi chilometri dalla città ci sono le Cave del marmo di Botticino).   

Lo stesso marmo, e la stessa anima di ferro, la ritroviamo nelle facciate degli splendidi palazzi rinascimentali e seicenteschi che si affacciano sulle strade del centro. Ci fu un tempo in cui le grandi famiglie bresciane fecero a gara per avere i portoni d’ingresso più ricchi e fastosi. Posso tranquillamente affermare che alcuni di essi non hanno nulla da invidiare a quelli dei più sontuosi palazzi principeschi di Roma o Napoli. 

Oggi sono cambiate le famiglie e si gareggia a chi possiede il Suv più costoso e stravagante; segno evidente dei tempi.   

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Palazzo Avogadro – Lechi, 1650-1660.

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Palazzo Suardi Bruni-Conter (1730-1740)

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Il portale di Palazzo Martinengo della Motella – prima metà del XV° secolo

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Palazzo Bargnani Martinengo Colleoni di Pianezza, 1672-1690

In passato il prestigio e la ricchezza andavano giustificati davanti a Dio e agli uomini, e forse questo spiega le mille chiese sparse in ogni angolo cittadino; da quelle più antiche e suggestive fino alle più recenti ma non meno affascinanti. 

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Il curioso tetto della Chiesa di San Faustino in Riposo – inizi del XII° secolo

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La facciata della Chiesa di Santa Maria dei Miracoli, 1488-1500

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L’interno barocco della Chiesa di Santa Maria della Carità, 1730

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L’interno del Santuario della Madonna delle Grazie – 1897

Erano secoli in cui il prestigio si misurava anche nella musica. Nella seconda metà del Settecento nacque il Teatro Grande, costruito rifondando il vecchio teatro pubblico. Nel corso dei secoli la sua fama si diffuse ben oltre i confini cittadini, identificandolo come uno dei grandi teatri di tradizione italiana. 

Nel 1904, dopo il fiasco scaligero della prima edizione, al Grande fu presentata la seconda versione della Madama Butterfly di Puccini, riscuotendo un clamoroso successo. 

Oggi è considerato uno dei templi della musica lirica e sinfonica italiana e internazionale. 

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Il Ridotto del Teatro Grande -1769

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Il Teatro Grande

Torniamo tra le vie, ci sono dettagli che si colgono solo infilando il naso nei portoni semi aperti dei palazzi: perché la “brescianità” prevede che non si ostenti pubblicamente ma non pretende di “privarsi” nel privato della bellezza.

Androni rivestiti di stucchi finissimi, prospettive affrescate per “squarciare” e dare respiro a piccole corti e meravigliosi giardini pensili edificati sui resti delle antiche mura longobarde.   

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I giardini pensili di Palazzo Uggeri Fenaroli, c. 1760

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La corte di Palazzo Appiani Arici e la prospettiva a trompe l’oeil – prima metà del XVIII° secolo.

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Gli stucchi nell’androne di Palazzo Terzi Lana, fine del XVI° secolo

C’è anche un’altra Brescia, quella nata nei decenni a cavallo fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento, appena fuori dalle antiche mura venete, abbattute a partire dal 1880.

Sono i palazzi e le ville Art Nouveau edificati dalla “nuova” borghesia industriale, simboli non solo di ricchezza ma di una visione del mondo intrisa di cambiamento e innovazioni artistiche e sociali. 

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Palazzo Pisa, 1913

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Palazzo Stacchini, 1926

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L’ingresso di Casa Capretti, 1899

Ecco, questa è la mia Brescia, ma se pensate che sia un giudizio di parte, fatto da uno che è innamorato della propria città vi sbagliate. Con il passare degli anni ho imparato a guardarla in modo sempre più distaccato, spesso critico, osservando tutti i cambiamenti che si sono accavallati fra gli anni Ottanta e oggi. 

Tante cose sono mutate, e non sempre in meglio: intere vie del centro storico, considerate eleganti “salotti”, hanno perso la loro identità. 

Lo scorrere del tempo non è stato galante con loro, le ha lasciate in balia di nuove mode e nuove usanze non tutte piacevoli.

Brescia capitale della siderurgia ha pagato, e continua a pagare, un prezzo altissimo per il benessere economico conquistato nell’ultimo secolo e mezzo. Il sottosuolo di interi quartieri popolari, sorti a ridosso del centro storico a partire dalla fine dell’Ottocento, è inquinato da metalli pesanti e PCB al limite del disastro ambientale, e serviranno anni per porvi rimedio.  

Ai bresciani piace tantissimo muoversi in auto: la usano per andare al lavoro, per fare shopping, per andarsi a prendersi il giornale o un caffè. Mi ha fatto sorridere la frase “…e al lavoro si va con la bici o col tram” inserita nell’inno “Crescere insieme” cantato all’inaugurazione di Bergamo-Brescia Capitale, proprio perché molti miei concittadini, se fosse possibile, userebbero l’auto anche per andare in bagno. 

La città è attraversata da due tangenziali e dall’autostrada A4, il principale asse di traffico viario pesante del Nord Italia. 

In certi giorni, salendo sul monte Maddalena (mille metri di montagna letteralmente attaccata alla città) stenti a vedere il panorama sottostante, avvolto da una foschia giallastra.

Nel 2013 è stata inaugurata la prima linea di Metropolitana leggera che collega la città da nord a sud. Per risultato si è avuto solo un calo del 10% del traffico di veicoli nel centro storico e del 4% sull’intera area urbana a fronte di un investimento di quasi un miliardo di euro.    

Detto ciò Brescia rimane una bellissima città, con tante potenzialità e molto da offrire, non per nulla il New York Times l’ha inserita fra le 52 mete imperdibili per il 2023. 

Molte di queste potenzialità sono assopite in attesa del momento giusto per rivelarsi: io credo che quel momento potrebbe essere ora.

Spero che il ruolo di co-capitale della cultura italiana non si esaurisca in una serie di mostre e convegni ma stimoli un nuovo inizio, perché oggi più che mai c’è bisogno di cultura per capire come scrivere un nuovo futuro.     

Clicca qui per scoprire la Brixia Romana

Fausto Corini
Author: Fausto Corini

Ammiro il coraggio della redazione di Mirabilia Magazine. Chiedermi di scrivere degli articoli, lasciandomi per giunta carta bianca nella scelta delle tematiche e dello stile, lo ritengo un grande atto di coraggio, o di follia, o di entrambe le cose assieme. Tutto sommato, se dovranno rammaricarsi o rallegrarsi per questa scelta, non dipende né da me, né da loro, ma da voi lettori. Perché Dottor Divago? E’ presto detto. Perché amo divagare da un tema all’altro, anzi lo faccio proprio con dovizia ed impegno. Non ho la presunzione di conoscere tutto, sia ben chiaro, però ho l’ardire di amare il bello, aggettivo qualificativo che applico ad ogni aspetto della vita nella sua forma più assoluta. Sinché durerà la collaborazione con Mirabilia Magazine, toccherò sempre con grande leggerezza vari argomenti disparati fra loro, con l’unico obbiettivo di offrirvi una distrazione dalle vostre occupazioni quotidiane (se piacevoli lo deciderete voi). Il fatto di non essere un accademico né un critico ma una persona normalissima, a volte troppo, quanto vorrei avere ogni tanto un barlume di follia, mi regala l’occasione di dialogare di tutto senza addentrarmi troppo nei dettagli. Del resto la curiosità rappresenta una porta semi aperta sulla conoscenza, e se anche...

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