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borgo di titignano

Via dalla pazza folla. Il borgo di Titignano

Alla scoperta dell’incantevole borgo di Titignano, tra antichi castelli e vigneti vista lago

C’era una volta, tanto tempo fa, un nobile cavaliere francese, Farolfo Montemarte, che dopo aver valicato le Alpi, scivolò lungo gli Appennini e decise di fermarsi a mezza via fra Orvieto e Todi: lì costruì un castello su un declivio roccioso, con una vista spettacolare che spaziava sulla valle del Tevere. Correva l’anno 937 e nasceva così il futuro Borgo di Titignano.

Certo il buon Farolfo non poteva immaginare che la posizione scelta per il suo maniero si sarebbe rivelata perfetta, un millennio dopo, per fare del borgo un scrigno di serenità, via dalla pazza folla.
Nel corso dei secoli il governo dei Montemarte si alternò a quelli di Todi e di Orvieto, sinché Papa Eugenio IV, da buon pragmatico veneziano, lo assegnò prima alla Camera Apostolica o poi lo “donò” al Comune di Todi dietro esborso di 1440 fiorini d’oro (era Papa, ma pur sempre figlio di mercanti veneziani). Intorno al XVII° secolo il borgo subì profonde modifiche che lo portarono ad assumere l’aspetto attuale: un bel palazzo signorile che si erge nel mezzo di un borgo raccolto intorno alla corte.

Uno scorcio del borgo di Titignano
Il panorama

Nel 1830 il Principe Tommaso Corsini acquistò ad un asta pubblica sia il borgo di Titignano che la Tenuta di Salviano, che da lì in poi sarebbero rimasti strettamente legati.
Si tratta di duemila ettari di terre al contempo fertili ed aspre, che i principi Corsini, dotati di quello spirito imprenditoriale che contraddistingue molte casate fiorentine, trasformarono in breve in una fiorente azienda specializzata nella produzione di grano, tabacco, olio d’oliva e vino. Come testimoniano fonti dell’epoca, all’inizio del ventesimo secolo il vino bianco di Salviano era già largamente conosciuto per la sua qualità in Italia e nel mondo.

Tenuta di Salviano

Nel 1985 Donna Nerina Corsini ereditò tenuta e borgo ed iniziò ad ammodernarli insieme al marito, il Marchese Enrico Incisa della Rocchetta. Per gli amanti del buon vino il nome Incisa della Rocchetta evoca la Toscana ed i famosissimi Bolgheri e Sassicaia. Infatti Don Enrico era il fratello di Don Mario che aveva lasciato il Piemonte per Bolgheri, terra della sua sposa, portando amore per il vino e conoscenze di famiglia che avrebbero dato vita al grande Sassicaia.
Da una generazione all’altra arriviamo al 2015 quando il Marchese Giovanni con la moglie, Marchesa Tara, realizzano nuove infrastrutture dedicate all’accoglienza e riprogettano la tenuta in chiave moderna.

Giovanni e Tara Incisa della Rocchetta

Questa è la storia, ma cos’è oggi Titignano? La descrizione che meglio si avvicina alla realtà potrebbe essere: “uno stato dell’anima”. Percorrendo i tre chilometri di strada bianca che portano al borgo in mezzo al verde ed ai campi coltivati vi accorgerete di una cosa singolare: per quanto vicini alla meta, non riuscirete a vedere il castello.

Effetto ottico? Decidete voi. Per quanto mi riguarda credo semplicemente si tratti di un luogo che ama stare appartato, lontano dal grande flusso turistico, la cui bellezza va assaporata come un vino pregiato, a piccoli sorsi, senza fretta.

Vigneti vista lago
Le colline attorno al borgo
Il panorama dal borgo

Come mia abitudine divago. Se una casa parla di chi vi abita, Titignano parla di loro, di Don Giovanni e Donna Tara. Fuori l’austerità della semplice pietra, solida ed affidabile, dentro il calore di intonaci che raccolgono tutte le sfumature della terra e del cielo, donando sensazioni di eleganza e di accogliente signorilità. Due piatti della bilancia in perfetto equilibrio: un gentiluomo d’altri tempi, garbato ed armato di un profondo rispetto per la terra ed il lavoro, ed una gentildonna che, arrivata dagli Stati Uniti, è riuscita a distillare il meglio di due terre diverse, ma uniche.
Ma torniamo al borgo, perché Titignano è soprattutto un borgo, non un relais né un resort. Qui il “centro benessere” è nella natura che vi circonda. Le camere, arredate con elegante raffinatezza, sono distribuite nel castello, attorno alla corte e lungo i vicoli del borgo. Nulla di standardizzato, per carità! Semplice buon gusto, mobili antichi, ferro battuto, travi a vista, fiori freschi e panorami mozzafiato.

Interni di una camera classica
Un esempio di camera nel castello
Una suggestiva camera con vista

La buona tavola è un elemento principe in questo racconto. Innanzitutto dimenticatevi la gastronomia “gourmet”: qui non c’è spazio per piatti stravaganti. Da alcuni decenni la cucina del castello è il regno della Signora Monica, storica cuoca della Marchesa Nerina.
Le ricette appartengono alla tradizione culinaria umbra e toscana, piatti ricchi di sapore e di gusto, realizzati con prodotti e ingredienti a chilometro zero. La Signora Giuliana, abile creatrice di degustazioni che vi lasceranno incantati, domina invece nella Tenuta di Salviano.
Pasta fatta in casa, olio che arriva dal frantoio della tenuta, gustose lenticchie umbre e piselli di campo, saporiti arrosti e freschi piatti di verdure, dolci semplici ma che vi fanno toccare il cielo con un dito (Parafrasando Oscar Wilde: “posso rinunciare a tutto tranne che al dolce”).

Sala da pranzo nel castello
Un esempio di tavola
Sala degustazioni a Salviano

La buona tavola raggiunge la perfezione quando è accompagnata da ottimi vini. In questo caso il connubio fra i vigneti della tenuta e la tradizione degli Incisa della Rocchetta dà vita ad una gamma di aromi e sentori in grado di soddisfare tutti coloro che venerano Bacco.
Dal ‘Castello di Titignano Orvieto classico’ al ‘Turlò Lago di Corbara’, dal ‘Pinot nero Rosé’ al ‘Grechetto Umbria’, dal ‘Brut metodo classico’ al nuovissimo bianco ‘Rigogoli’, tutti i palati troveranno le note giuste per sentirti appagati.

I vini

Ovviamente tutto questo ben di Dio enogastronomico regala energie utili per esplorare i dintorni, e non c’è che l’imbarazzo della scelta. Se puntate ad est c’è Todi, se volgete ad ovest c’è Orvieto, entrambe a meno di un’ora. Se preferite gironzolare intorno alla tenuta c’è un mondo di piccoli borghi medievali silenziosi: Acqualoreto, Scoppieto, Civitella al Lago, Melezzole e Toscolano.
Siete amanti delle atmosfere raccolte e dei panorami? Potete salire all’Eremo della Pasquarella. Preferite l’avventura? Una camminata di mezz’ora e arriverete alla Roccaccia, regalandovi una vista mozzafiato sul Lago di Corbara. Qualunque sia la vostra scelta una cosa è certa: sarete circondati da una natura unica, quasi primitiva, che vi donerà silenzi ed attimi indimenticabili.
Se amate le quattro ruote conviene ricordare che, a partire dagli anni ’90, Titignano ospita il primo centro Land Rover Experience. Qui nasce e si sviluppa la filosofia off-road, offrendo 60 chilometri di percorsi con vari livelli di difficoltà.

Vista aerea di Toscolano
La Roccaccia
Montecchio
Eremo della Pasquerella
Acqualoreto
Melezzole, un angolo di verde

Ieri, oggi e domani. Il futuro è nel recupero dei numerosi casali sparsi per la tenuta, in modo da renderli fruibili senza compromettere l’architettura originale. Posti lungo i declivi collinari che scendono verso il lago di Corbara, sono oasi di totale relax e privacy.

In tempi come questi, dove i ritmi folli scandiscono e dominano le nostre vite, la necessità di ritagliarsi un momento dove fare tabula rasa dei pensieri che ci intossicano la mente è vitale quanto l’aria che respiriamo. Via dalla pazza folla non è solo il titolo di un romanzo ma è uno stato dell’anima, esattamente come Titignano. Del resto donarci del tempo per riscoprire noi stessi è uno dei più grandi atti di amore.

Fausto Corini
Author: Fausto Corini

Ammiro il coraggio della redazione di Mirabilia Magazine. Chiedermi di scrivere degli articoli, lasciandomi per giunta carta bianca nella scelta delle tematiche e dello stile, lo ritengo un grande atto di coraggio, o di follia, o di entrambe le cose assieme. Tutto sommato, se dovranno rammaricarsi o rallegrarsi per questa scelta, non dipende né da me, né da loro, ma da voi lettori. Perché Dottor Divago? E’ presto detto. Perché amo divagare da un tema all’altro, anzi lo faccio proprio con dovizia ed impegno. Non ho la presunzione di conoscere tutto, sia ben chiaro, però ho l’ardire di amare il bello, aggettivo qualificativo che applico ad ogni aspetto della vita nella sua forma più assoluta. Sinché durerà la collaborazione con Mirabilia Magazine, toccherò sempre con grande leggerezza vari argomenti disparati fra loro, con l’unico obbiettivo di offrirvi una distrazione dalle vostre occupazioni quotidiane (se piacevoli lo deciderete voi). Il fatto di non essere un accademico né un critico ma una persona normalissima, a volte troppo, quanto vorrei avere ogni tanto un barlume di follia, mi regala l’occasione di dialogare di tutto senza addentrarmi troppo nei dettagli. Del resto la curiosità rappresenta una porta semi aperta sulla conoscenza, e se anche...

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