Un lusso d’élite che lentamente sta perdendo il suo potere sociale: gli chef tornano a pregustare il piacere di cucinare per la borghesia, che ama mangiare piatti tipici della tradizione italiana a prezzo democratico
L’ultima, in ordine di tempo, è la chef salernitana Viviana Varese che ha annunciato la chiusura del suo ristorante stellato Viva, all’interno di Eataly Smeraldo di Milano. Con l’onestà intellettuale che la distingue da molti suoi colleghi, la chef racconta ai microfoni del Corriere della Sera: “Andare a mangiare negli stellati sta tornando a essere un lusso d’élite. È un mercato che a Milano non è fiorente, da qui la scelta di aprire sempre in città due posti più democratici.“
La crisi dei ristoranti stellati in Italia e all’estero
Qualche tempo fa, era l’inizi dell’anno, anche lo chef Antonino Canavacciulo era stato costretto a chiudere Cannavacciuolo Cafè & Bistrot di Novara, scegliendo di aprire un nuovo locale sul Garda. Fuori dal nostro confine, le cose non vanno meglio. Nell’aprile del 2023, a mettere in discussione la sua attività dopo ben 36 anni è Vincent Moissonnier, proprietario del ristorante 2 stelle Michelin. Le Moissonnier. Dopo aver dichiarato di essere stanco dei ritmi estenuanti della cucina stellata, ha cambiato connotati al suo bistrot alla francese, a Colonia. Sul profilo ufficiale del ristorante, Vincent scrive: “Finalmente sarò quello che ho sempre voluto essere da giovane: pub nel mio piccolo wine bar“, inducendo i suoi clienti a catapultarsi in una nuova cucina, con orari più rispettosi dei ritmi umani, con chef Eric Menchon.
Costi e ritmi insostenibili sarebbero dietro al mutamento del Noma di Copenhagen, tra i ristoranti pluristellati più apprezzati al mondo; il cambio di attività sarebbe previsto entro il 2024: la cucina dello chef René Redzepi si trasformerà in un laboratorio di cucina green aperto al pubblico su iscrizione. “Nel 2025, il nostro ristorante si trasformerà in un gigantesco laboratorio, una cucina di prova all’avanguardia dedicata al lavoro di innovazione alimentare e allo sviluppo di nuovi sapori, che condividerà i frutti dei nostri sforzi più che mai“. La cucina seguirà le stagioni ma, come possibile constatare sul sito ufficiale di Noma, il tavolo condiviso non è poi così democratico, con 534 euro a persona.
La cucina tradizionale, chiave di rinnovamento degli chef stellati
Ma ritornando in Italia, la crisi economica non risparmia nemmeno i ristoranti stellati spingendo i proprietari a rivedere la formula, prediligendo menu meno gourmet pur mantenendo un’ottima qualità delle proposte. Piatti meno elaborati, a favore di una cucina casareccia, riducono considerevolmente i tempi di esecuzione.
A questo proposito, Viviana Varese parla “posti più democratici” evidenziando il termine sia a favore di fatica sia a dispendio economico per imprenditore e cliente. “Milano è una città che ha un’ampia offerta ristorativa anche stellata, più di quando abbiamo aperto Viva 10 anni fa: ma adesso andare a mangiare negli stellati sta tornando a essere un lusso d’élite“. E sugli orari di lavoro, sostiene: “è un tema importante: diciamo che nella ristorazione è difficile rientrare nelle 40 ore spaccate di lavoro perché magari i tempi si allungano, possono capitare degli imprevisti o i clienti arrivano tardi.”
Così, per assaggiare la cucina democratica di Varese bisognerà prenotare un tavolo da Faak. Qui, si rispettano gli orari contrattuali a 40 ore a settimana e per questo motivo si alternano due gruppi di lavoro che, per forza gioco “questo fa aumentare i costi per noi ma anche per il cliente. Dovremo abituarci a pagare di più, come già avviene nel resto d’Europa. In Italia il cibo costa ancora poco, quasi la metà, rispetto alla Germania o alla Francia. Si andrà meno a mangiare fuori“, sempre meno, comunque, di un piatto stellato.